Il digitale è disvalore se…

trustStavo leggendo un interessante articolo di stampo anglosassone che citava tre recenti episodi che han stravolto la percezione del valore del digitale intaccato dall’infrazione dei sistemi di sicurezza informatica.

E’ stato anomalo da contesti sempre tesi alla deregolamentazione e alla libertà del mercato evocare e valorizzare i valori dell’etica e della fiducia nelle  persone fisiche alle proprie dipendenze o fornitrici esterne.

In estrema sintesi si sosteneva la tesi che senza una fiducia forte non era scontato poter distinguere il colore di un hacker dal bianco al nero!

Senza passare per le tante sfumature di griglio che vanno molto proprio recentemente ho pubblicato un testo che parla dei Colori delle personedisponibile anche in ebook che verte proprio sulle dimensioni del trust e della fiducia e della affidabilità delle persone fisiche, dipendenti o professionisti del mercato.

In estrema sintesi a beneficio di coloro che vogliono farsi una idea senza passare per la lettura delle 130 pagine (:)) si porta avanti una tesi che esiste una intrinseca potenziale inaffidabilità sia dei soggetti “imprenditori coraggiosi” sia dei soggetti più apparentemente affidabili, compiacenti e storicamente “lodati” ed “apprezzati” con premi e riconoscimenti.

Invero il confine è labile ed è possibile identificare alcuni segnali rilevatori ma a tal fine occorre avere un pieno controllo e conoscenza del sè e gli schemi di base di riconoscimento.

Dal punto di vista poi, istituzionale e macroeconomico, è poi chiaro che la complessità del digitale sta facendo diventare i sistemi sempre più simile a quelli “biologici e medici” che a quelli meccanici e pertanto dovremmo rispolverare figure storiche e carismatiche a noi tutti note come i “dottori” o i “medici”.

Anche loro possono esser buoni e bianchi con i loro camici appunto bianchi o cattivi e mossi dal profitto ma diciamo che c’è un processo delicato e molto rinforzato dai social di creazione del trust con il soggetto che deve render conto a tutta la comunità ogni momento per garantirsi il suo capitale reputazionale.

Inoltre sono ben identificati in un ordine e han fatto studi specifici che testimoniano una coerenza e quanto meno passione per la tematica. Sentivo oggi uno studente che mi diceva che sperava di festeggiare la vincita di un concorso di specializzazione per 83 posti al quale avevano partecipato in 13.000!?!?!

Anche nel settore ICT c’è una regolamentazione con la figura degli ingegneri dell’informazione che possono essere informatici o ingegneri che abbiano regolarmente superato l’esame di abilitazione di stato. Nel mercato questa caratterizzazione e percorso è spesso visto come “limite astorico”. Anche nella medicina esistono migliaia di figure non laureate e solo diplomate che sono essenziali ma la responsabilità penale e giuridica è sempre riferita a chi decide ed è un dottore o il capo della equipe medica come da recente sentenza di Cassazione dove una anestesista ha fatto un trattamento contrario a tutto il resto della equipe e del responsabile che poi ha portato alla morte della giovane.

Qui come al solito servono molte “morti virtuali”, drammi internazionali per acquisire la consapevolezza del valore dell’abilitazione professionale e congiuntamente del valore del sapere umanistico e psicologico per poter discriminare i soggetti o i comportamenti a rischio.

Finché comunque non si capirà tutto questo il valore del digitale e dei processi di digitalizzazione crollerà drasticamente facendo apparire sempre più fragili e castelli di sabbia gli investimenti e le infrastrutture in teoria più complesse e più affascinanti.

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